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Acconto o caparra, quali sono le differenze?

23 Gennaio 2019

Acconto o caparra?

Quando ci si impegna nell’acquisto di un immobile e si sottoscrive una proposta di acquisto o un compromesso, di solito si versa al Venditore una somma di denaro.

La somma che si versa come anticipo sul prezzo finale può essere a titolo di acconto o di caparra, quest’ultima, a sua volta, si distingue in caparra confirmatoria (art.1385 C.C.) o caparra penitenziale (art.1386 C.C.).

Le differenze sono sostanziali:

– l’acconto è una somma da imputare al prezzo e il Venditore non può trattenerlo nel caso in cui non si arrivasse al rogito definitivo. Naturalmente la parte danneggiata potrà essere risarcita da un eventuale inadempimento della controparte, ma dovrà adire le vie legali e far valere le proprie ragioni in giudizio.

– la caparra confirmatoria è una somma che può essere trattenuta dal Venditore nel caso in cui l’Acquirente non voglia più acquistare l’immobile. Nel caso in cui il Venditore non voglia più vendere dovrà restituire il doppio della caparra. La parte  rispettosa dei patti ha però il diritto di chiedere l’esecuzione del contratto, se non si accontenta di trattenere la caparra (nel caso sia inadempiente l’Acquirente) o di versare il doppio (nel caso sia inadempiente il Venditore).

– la caparra penitenziale si differenzia da quella confirmatoria in quanto attribuisce a ciascuna delle parti il diritto di recedere dal contratto. Se sarà inadempiente l’Acquirente il Venditore potrà trattenerla, se lo sarà il Venditore dovrà restituire il doppio. In questo caso quindi è previsto fin dall’inizio il corrispettivo del recesso, cioè quanto costerà cambiare idea.

La tassazione sulle somme pagate a titolo di acconto o caparra è diversa.

La proposta di acquisto o il contratto preliminare devono essere registrati, come stabilisce la legge, entro 20 giorni dalla sottoscrizione e l’Acquirente deve pagare, oltre all’imposta di registro in misura fissa di 200 Euro, le imposte proporzionali sulle somme versate.

Sull’acconto si applica l’imposta di registro del 3% che potrà essere detratta dall’imposta dovuta al momento del rogito notarile. Nel caso in cui la vendita fosse soggetta ad I.V.A., ad esempio perché il Venditore è un’impresa di costruzioni, l’acconto verrà tassato con la stessa aliquota prevista per il prezzo finale che potrà essere del 4%, del 10% o del 22% a seconda del tipo di immobile e delle agevolazioni previste per l’Acquirente.

Sulla caparra si applica l’imposta di registro dello 0,50%, anche sugli acquisti soggetti ad I.V.A. Nell’acquisto non soggetto a I.V.A. si potrà detrarre dall’imposta da pagare al rogito, ma nell’acquisto soggetto ad I.V.A. l’imposta versata non si potrà recuperare.

Nelle vendite soggette a I.V.A., l’I.V.A. pagata sull’acconto è un’anticipazione di quella che si dovrà pagare al momento del rogito, l’imposta di registro dovuta sulla caparra è un costo aggiuntivo.

Nell’acquisto soggetto a imposta di registro poiché le imposte dovute al momento dell’atto si pagano sul valore catastale rivalutato, nel caso in cui si versi prima del rogito delle somme consistenti a titolo di acconto, essendo le stesse soggette ad imposta di registro del 3% si può rischiare di non detrarsi una fetta di imposta versata. Se, ad esempio un Acquirente si impegna ad acquistare un immobile da un Venditore privato, versa 50.000 euro a titolo di acconto e paga 1.500 Euro di imposta (3% su 50.000), nel caso in cui al momento del rogito le imposte dovute fossero di Euro 1.000, perderebbe 500 Euro pagati in anticipo che diventerebbero un costo perché non detraibili.

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Filippo Casella

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